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18/03/2009 - L' Unione Sarda
Giorgio Mazzella:''Sardegna, un laboratorio di idee''
di Emanuele Dessì
"La banca è come una bancarella. Lo dissi quando arrivai qui, 9 anni fa, incontrando espressioni di perplessità. Oggi lo ribadisco, senza disprezzare la banca o la bancarella. Conosco imprenditori che hanno avuto la capacità di crescere, partendo dalla bancarella. Altri che avevano e hanno ancora una bancarella". Dal giugno del 2000 presidente di Banca Cis e dal 5 marzo scorso presidente di Banca di Credito Sardo, Giorgio Mazzella sembra riconoscersi, oggi più di ieri, nella parabola della banca-bancarella. "Quando sono arrivato, la banca perdeva, al cambio di oggi, 20 milioni l'anno. Oggi chiude in attivo di 20 milioni".
Mazzella santo subito?
"Ma no, certo. Con me, arrivò un nuovo direttore generale, Paolo Possenti. E' mai possibile, però, che cambiando due persone e passando da 300 a 200 dipendenti, si riesca a cambiare le sorti economiche?".
Sgombrato il campo dai miracoli, la risposta qual è?
"Prima c'era un certo modo di vedere la banca. Il presidente veniva scelto dai politici e sceglieva un direttore che piacesse ai politici. E l' andazzo era che la struttura faceva ciò che piaceva al presidente e al direttore. E quindi ai politici".
Forse era anche più facile per le imprese avere i soldi.
"Il Cis dava i soldi più facilmente, ma ha anche portato a vendere la banca dei sardi per pochi denari, perché strapiena di debiti".
Come avete ridotto di un centinaio di unità il personale?
"Senza licenziare nessuno. Abbiamo fatto cessioni di rami d'azienda, ci sono state uscite volontarie di molti dipendenti vicini all'età della pensione. E con chi è rimasto, abbiamo portato in utile il bilancio. Cosa vuol dire? Che la banca c'era, con persone all'altezza. Io e Possenti non eravamo mica dei geni. Aggiungo con soddisfazione che dietro questi buoni risultati c'è anche la presenza di tante donne in squadra".
Quante?
"Banca di Credito Sardo ha 1.200 dipendenti, il 45% donne. Quando siamo arrivati a Banca Cis la percentuale era di 51 a 49. A vantaggio delle donne. Ma oggi la percentuale è ben più netta. Dal 2000, su 60 assunzioni - tutti sardi - 18 sono uomini e 42 donne".
Cos'è, una sorta di pari opportunità al contrario?
"Più semplicemente, è la legge della meritocrazia. Quando chiedi alle Università i curricula dei laureati migliori per le selezioni, negli elenchi la stragrande maggioranza sono donne. Che negli stage hanno poi una marcia in più. Ricordo che al colloquio per il primo gruppo di assunti, su 17, c'era solo un ragazzo. Il discorso della meritocrazia, con una premialità legata ai risultati, vale per tutti i dipendenti".
Solo meriti? Mai un aiutino, una spintarella?
"Il tentativo di spintarella sortisce l'effetto contrario".
Da 190 a 1.200 dipendenti: un bel salto anche per il presidente. Com'è stato l'avvio della convivenza tra ex Banca Cis ed ex Intesa Sanpaolo in Sardegna?
"Devo ammettere che i primi 7-8 giorni sono stati difficili, ma anche i colleghi di Intesa si stanno accorgendo che si sta già meglio. Siamo una grande banca del territorio. Si temevano tagli: non ci saranno".
I sindacati lamentano di non essere stati nemmeno invitati alla presentazione della nuova banca.
"Non mancheranno occasioni e luoghi adatti per il confronto".
Altra perplessità. Banca di Credito Sardo: braccia in Sardegna, cervello a Milano.
"E io cosa sono, un'operazione di facciata? Anche il direttore delle risorse umane è sardo. Il direttore generale no, ma sono manager che ruotano ogni tre anni. Se ci fosse un sardo, dopo un po' andrebbe a Palermo o a Torino. E poi, l'azionista ha manifestato la volontà di confermare nel consiglio di amministrazione i presidenti della associazioni di categoria. Sardi. E sardo è il rappresentante dei Comuni. Presidenti scelti dalle associazioni, che decadono dal cda quando perdono la carica. Se poi cervello a Milano significa avere un superconsulente come Corrado Passera, allora ben venga".
Prossime scadenze?
"Il primo aprile ci sarà l'approvazione del bilancio e il rinnovo del consiglio".
E Giorgio Mazzella?
"Spero di restare anch'io. E, se posso, approfitto per dire che in nove anni non ho mai preso un euro per il mio incarico. Tutto in beneficenza. Banca Cis ha poi devoluto in media 500 mila euro l'anno per l'acquisito dell'abbigliamento di 500 bambini ospiti di 45 case famiglia dell'isola. Prima? Si compravano quadri, c'erano sponsorizzazioni... Quando questi ragazzi diventano maggiorenni, diamo loro la carta Intesa flash , con 200 euro al mese. Ne abbiamo distribuito 36. Niente indennità di carica, dicevo. Ora lei mi chiederà perché lo faccio".
Già.
"Non nascondo che è un incarico di grande prestigio".
E magari apre le porte alla politica.
"Non ho più l'età per la politica. Anche se l'idea l'ho avuta, con lo spirito di chi voleva far funzionare meglio le cose".
Crisi economica e politica vanno di pari passo?
"L'attuale crisi globale non è figlia della politica. Che però ha la responsabilità dell'omesso controllo su determinati gruppi finanziari".
Guardiamo allo scenario regionale.
"Sono stati quattro anni di blocco per scelte fatte onestamente, ma autobloccanti. La Regione ha ritardato i suoi ritmi. Non parlo di edilizia, ma un po' di tutto. Noi stessi, pur essendo il nostro lavoro, non abbiamo neanche partecipato agli ultimi bandi per gli incentivi alle imprese perché troppo farraginosi".
Si aspettava la sconfitta di Renato Soru?
"Me l'aspettavo".
Nelle proporzioni sancite dalle urne?
"La proporzione è relativa. Non c'era il gradimento verso un certo tipo di politica regionale".
Qual è la missione della banca che lei presiede?
"Compito di una banca è prestare denaro più che può. Ma quando il merito di credito non c'è, non viene prestato".
Che credenziali deve avere l'imprenditore che chiede risorse?
"Perché un'idea possa essere finanziata deve fondarsi su tre elementi: esperienza imprenditoriale, mezzi propri intorno al 30% e, terzo ma non ultimo, la localizzazione dell'investimento. Sfido chiunque a dire quale progetto, con questi tre attributi, non sia stato finanziato. Aggiungo: chi presenta un progetto senza queste basi deve cambiare commercialista. Noi, di sicuro, non abbiamo diminuito le erogazioni: sono aumentate. Tutto è legato al gioco costi-ricavi. Per la banca. E per la bancarella".
Quando ci si sente imprenditori?
"Io ho iniziato a 21 anni, ad Arbatax, come commerciante di materiali di costruzione, tra le perplessità della famiglia, che aveva altre attività. Tra queste c'era anche il villaggio Telis: quando, alla fine degli anni '60, ho iniziato a lavorarci, l'obiettivo era di portare tanti turisti a prezzi concorrenziali. Ogni anno di più. Ho anche aperto una fabbrica di mattoni a Barisardo. Per farne tanti e venderli tutti. Al prezzo giusto. Poi sono arrivate altre conquiste imprenditoriali. Ecco, l'imprenditore è colui che quando torna a casa la sera deve pensare a come l'indomani mettere d'accordo il gioco costi-ricavi".
Dormire no?
"L'imprenditore non deve dormire, deve sognare".
Lei ha un ancora un sogno?
"Diciamo che ho un desiderio. Se sarò confermato, più che riunioni del consiglio di amministrazione, mi piacerebbe, con i presidenti delle associazioni del mondo produttivo, scrivere una ricetta per sostenere l'economia della nostra isola. In fondo, l'ha detto anche Corrado Passera: la Sardegna è un laboratorio".